Il territorio di Morano Calabro (Cosenza) ha una estensione di 112,34 kmq.
È posto in un’area che funge da cerniera tra due sistemi montuosi: a nord-est, il massiccio del Pollino e, a sud-ovest, la catena appenninica che si estende ininterrottamente dalle cosiddette montagne di Saracena sino al Tirreno.
Nel territorio in esame rientrano tra l’altro l’altopiano di Campo Tenese, a nord-ovest, e l’alta Valle del Coscile, dominante anch’essa da altri rilievi minori, tra cui l’altura di Sassone e il monte Monzone.
Situato tra 390 e 2248 m sul livello del mare, il territorio di Morano presenta diverse fasce altimetriche e molteplici attitudini colturali; le zone superiori agli 800 metri costituiscono tuttavia il 75,5 per cento della superficie e lo rendono pertanto prevalentemente montuoso.
Sezione 01a
Il territorio, l’uso del suolo e il paesaggio agrario
La Sezione 01a del Museo contiene una serie di elementi che sono di indubbia utilità per identificare alcuni tratti salienti e ricorrenti dell’organizzazione dello spazio agricolo in periodi diversi.
Le note che seguono sono tratte da Agricoltura e pastorizia nella memoria di un paese del sud di Francesco Mainieri.
Una veduta invernale di Campo Tenese
Il territorio di Morano e le sue risorse nelle fonti del Cinquecento, Seicento e Settecento
Le fonti prese in esame da Francesco Mainieri per ricostruire i caratteri salienti che presenta il territorio di Morano anteriormente all’Ottocento sono costituite dai testi più o meno noti della storiografia regionale dei secoli XVI, XVII e XVIII.
L’utilità di tali fonti è relativa: in genere esse si limitano ad un sommario elenco delle risorse naturali presenti nel territorio dei singoli centri; le informazioni sull’ambiente naturale ed agrario sono poi spesso carenti e marginali e su di esse prevalgono nettamente le notizie di tipo archeologico e storico; infine, in alcune di tali opere vengono riportate spesso acriticamente notizie già presenti in opere precedenti.
Diploma • 1196
Per l’età medioevale può essere interessante citare un documento che viene riportato dal Leoni(1) nella terza edizione della sua opera sulla Magna Grecia e sulla Calabria: è un diploma del 1196 dell’imperatore Enrico VI, con cui vengono infeudate al nobile Ruperto Pappasidero tre contrade di Morano: la Cotura, l’Olivaro e Santo Nicola.
(1) N. LEONI, Studi istorici su la Magna Grecia e su la Brezia dalle origini italiche ai nostri tempi, Napoli, 1884, vol. II, p. 84.
Leandro Alberti • 1525
Descrizione originale di Leandro Alberti
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Leandro Alberti (1479-1552) è stato uno storico, filosofo e teologo italiano. Entrato nerll’Ordine domenicano nel 1493, studiò teologia e filosofia.
La sua opera più importante, dedicata ai sovrani francesi Enrico II e Caterina de’ Medici, è senz’altro la Descrittione di tutta Italia, pubblicata a Bologna nel 1550. Opera di geografia e di storia, ricalca in gran parte la Italia illustrata di Flavio Biondo.
Non priva di interesse, per la prima metà del Cinquecento, è la testimonianza sul territorio di Morano che si trova nell’opera di Leandro Alberti, che fece un viaggio in Calabria nel 1525.
Egli non parla tanto di Morano quanto di Campo Tenese, di cui ne descrive caratteristiche fisiche: egli tra l’altro scrive che «detta pianura è tutta coltivata e producevole di grano». In realtà, l’altopiano di Campo Tenese in passato era, per la popolazione di Morano, una sorta di granaio, a causa soprattutto della coltivazione della segale, che in quel luogo era largamente praticata.
All’Alberti, che giunge dal nord attraverso la strada di fondovalle dell’Ospedaletto («una stretta, aspra, sassosa e strabocchevol via, nominata Scala di Morano, fra precipitosi balci»), Morano appare come un «bello, e vago paese, e ben lavorato»; della zona lo colpiscono in particolare le acque e «gli alti e asperi monti»(1).
(1) G. VALENTI (a cura di), Leandro Alberti in Calabria, Cosenza, 1968, p. 20.
Platea • 1546

La Platea et sentencia Morani è un’ampia descrizione dei beni e delle perogative feudali di cui godevano i Sanseverino di Bisignano nel territorio di Morano nel secolo XVI; fu redatta dal giurista Sebastiano della Valle nel 1546. Il testo utilizzato da Francesco Mainieri è una trascrizione del manoscritto pergamenaceo che si trovava nella biblioteca Severini di Morano; la trascrizione gli era stata cortesemente data in visione dal professor Biagio Cappelli.
Il complesso delle informazioni che la Platea et sentencia Morani fornisce ha consentito l’elaborazione della carta riportata a lato, nella quale sono indicati i toponimi della maggior parte delle contrade rurali e le colture prevalenti in alcune di esse; non essendo stato possibile localizzare tutte le contrade di cui parla il documento, per alcune di esse è stato possibile indicare soltanto i relativi toponimi.
Le informazioni contenute nella Platea non sempre riguardano espressamente il paesaggio agrario, ma consentono ugualmente di cogliere alcune caratteristiche peculiari dell’assetto colturale, se non di tutto il territorio, almeno di alcune contrade. Sono in particolare le contrade in prossimità dell’abitato, dove prevalgono le colture ortive e la viticoltura, e le aree montane, dove prevalgono la cerealicoltura e il pascolo. Dal documento in esame emerge un quadro agrario caratterizzato da una notevole diversificazione delle colture: se mancano, com’è naturale, il granturco, le patate, i fagioli e i pomodori, che faranno la loro apparizione anche nel territorio di Morano successivamente, tutte le altre produzioni agricole erano variamente presenti: dai cereali (tra cui prevalgono il frumento, la segale, l’orzo) alle leguminose (tra cui in particolare le fave). alle colture ortive (tra cui i cavoli, le zucche, i cetrioli, i meloni, le cipolle, le lattughe, ecc.), alle colture arboree (tra cui sono prevalenti la vite, l’olivo, il gelso, la quercia, il castagno, ecc.). La presenza di alcune di queste colture si può dedurre dall’elenco dei prodotti su quali il feudatario esercitava il diritto di dogana, che ineriva, come è noto, al commercio nell’ambito del territorio sottoposto alla sua giurisdizione(1).
Rilevante era anche la rete viaria. All’infuori delle due residenze del feudatario, ubicate rispettivamente in prossimità del Coscile e sull’altipiano di Campo Tenese(2), non viene citato nessun altro fabbricato rurale: numerose erano invece le aie.
Circa l’assetto proprietario e le forme di conduzione della terra, è da rilevare che i terreni che il feudatario concedeva in affitto e da cui traeva una parte cospicua della sua rendita, erano parecchi ed erano per lo più ubicati nelle contrade suburbane e in quelle in pianura; nelle zone di montagna erano invece dislocate le difese del feudatario, nelle quali il godimento di alcuni usi civici era consentito solo in alcuni mesi dell’anno(3); le proprietà private («terre et possessiones particularium franche et libere ab omni onere et solutione census sive redditus»(4)) erano presenti in diverse contrade. L’impiego della manodopera salariata in agricoltura, infine, lo si ricava da una petizione, con cui si sollecitava il feudatario ad abrogare le disposizioni che ostacolavano la mobilità dei lavoratori agricoli provenienti dai paesi limitrofi(5).
(1) Platea et sentencia Morani, 1546, fol. 17r e fol. 17v.
(2) Ibidem, fol. 19v, fol. 21r e fol. 21v. La residenza di caccia del feudatario a Campo Tenese si trovava nella località che proprio da essa ha tratto la denominazione di Palazzo; in questa zona, che è attraversata dalla cosiddetta «strada dei salinari», vi sono i ruderi di un edificio e dei suoi muri di cinta che fanno pensare senz’altro alla costruzione del feudatario. Quest’ultima è definita dal Tufarello (di cui si parlerà in seguito) «acconcio palagio»; inoltre, in un manoscritto di Antonio De Cardona del 1836, nel punto in cui si parla di Campo Tenese, si legge che «il palazzo Baronale, sito alla man sinistra della via, che conduce a Mormanno, non è stato totalmente distrutto, ma disfatto per incuria degli Agenti Baronali, giacché vi esiste qualche stanza» (V. SEVERINI, Gio: Tufarello e le antichità di Morano Calabro, Morano Calabro, 1901, pp. 79 e 149). Cfr. anche A. SALMENA, Morano Calabro e le sue case illustri, Milano, 1882, p. 28. Circa l’altra costruzione in prossimità del Coscile, è impossibile ipotizzare il punto preciso in cui era ubicata.
(3) Il periodo in cui era consentito il godimento degli usi civici variava da una difesa all’altra in relazione alle colture che si praticavano in ognuna di esse.
(4) Platea et sentencia Morani, cit., fol. 22r.
(5) Ibidem, fol. 43v.